Report del Terzo Convegno Mente in Rete

Relazione riassuntiva dei contenuti emersi nel Convegno MIR III

Il Terzo Convegno Mente in Rete si è proposto come un rinnovato momento di incontro e di condivisione delle esperienze e dei progetti che sono stati realizzati , che sono in progress e che potranno essere sviluppati per dare continuità a questa iniziativa in maniera efficace e coordinata, accogliendo nuove adesioni per  valorizzare i patrimoni storico-scientifici, artistici, archivistici, architettonici, documentali.

Il fine del Network è lo sviluppo progressivo di una più ampia e articolata attività di conservazione e conoscenza delle memorie della psichiatra italiana e di promozione della salute mentale. 

Gli operatori di Mente in Rete sono mediatori e interpreti di un rinnovato senso di comunità che trova nelle diverse attività dei Dipartimenti di Salute Mentale, nelle memorie degli Archivi, nel patrimonio delle Biblioteche, nei percorsi espositivi dei Musei, negli eventi culturali e nei diversi dispositivi artistico-narrativi un punto di riferimento, un attivatore di processi educativi permanenti per comprendere e comunicare il disagio psichico, promuovere conoscenza, cura, benessere, coesione sociale e lotta allo stigma . 

Al convegno hanno partecipato numerose Istituzioni che hanno aperto i lavori: 

Stefano Bolognini, Ass. allo Sviluppo Città metropolitana, Giovani e Com. Regione Lombardia

Anita Pirovano, Presidente Municipio 9 Comune di Milano

Francesco Caroli, staff del Gabinetto del Sindaco Comune di Milano

Simona Giroldi, Direttore Socio Sanitario ASST Niguarda Cà Granda

Adele Maresca, Campagna, Presidente ICOM Italia

Tutti hanno affermato l’importanza di una stretta collaborazione tra gli enti istituzionali e gli enti che afferiscono al network per la crescita di una cultura della salute mentale attraverso una progettazione condivisa ed integrata. 

L’integrazione di Cultura Arte e Salute è possibile attraverso la costruzione di relazioni sistematiche e sistemiche tra mondi che sono ancora interconnessi troppo debolmente. L’obiettivo auspicabile è proprio la costruzione di significati condivisi in un’ottica multidisciplinare e intersettoriale.

Una delle principali finalità di un museo è la promozione del benessere: i Musei non sono solo luoghi di storia e di memoria, ma anche luoghi di riflessione e di dialogo con la cittadinanza per un ampliamento della conoscenza, dell’innovazione sociale e della mutualità come patrimonio della società. La Salute in senso lato e la salute mentale in particolare, hanno due aspetti fondamentali: il bisogno di cure (bisogno clinico) e il bisogno di inclusione sociale (bisogno di sentirsi parte attiva di un contesto sociale). In questo senso far crescere la cultura della salute mentale implica la promozione di progetti che abbiamo al centro, l’inclusione, l’empowerment, l’engadgment dei cittadini (e soprattutto dei giovani), lo sviluppo di una maggiore consapevolezza che la salute mentale è salute e che tutti possono diventare coprotagonisti e coproduttori di cultura (peer education). 

Nei luoghi che promuovono la salute mentale si avverte tuttora la necessità di un cambio di paradigma che non abbia l’ambizione del 1978, ma che prosegua quel percorso secondo due linee principali:

  • lavorare per valorizzare la storia e la trasformazione creativa dei luoghi
  • i luoghi devono essere aperti ➝ è aspetto fondamentale l’uscire dalle mura fisiche, simboliche, culturali per poter attuare sia interventi di cura sia soprattutto interventi di prevenzione

I musei quindi, svincolandosi da una posizione di neutraltà, diventano luoghi di riflessione e dialogo con la cittadinanza e possono avere un ruolo attivo nel promuovere l’abbattimento di luoghi comuni, stereotipi, tabù, stigma che ancora sono associati al tema della salute mentale. Uno dei nodi centrali della riflessione è stato come poter lavorare insieme per creare reti e dialoghi con il territorio da un lato ( saper raccontare e comunicare in maniera innovativa vecchie e nuove storie) e con le istituzioni dall’altro (meno burocrazia e più agilità nella condivisione e promozione dei progetti)

keywords ➝ cultura – riflessioni – consapevolezza – arte – emozioni – creatività – identità

Prima sessione 

Welfare culturale: l’arte al servizio della cura e del benessere: l’approccio verso la Salute e il benessere può essere riletto in maniera olistica. Fare arte e cultura sono esperienze di senso che consentono di riscoprire il valore centrale dell’essere umano nel suo spessore esistenziale agendo profondamente sia sulla dimensione cognitiva che su quella emozionale. Il fruire in prima persona di esperienze culturali e artistiche consente di rileggere le vite, le testimonianze, i prodotti artistici delle collezioni promuovendo relazionalità e comprensione. 

Il motivo centrale della sessione del mattino è stato: la cultura è cura e i due interventi del mattino hanno esposto esperienze molto specifiche in questo percorso.

Mind Museums da depositari a laboratori di memorie 

Francesca Lanz ha portano un interessantissimo intervento di cui si riportano  di seguito alcuni temi principali estrapolati dalla sua dettagliata presentazione relativi ad una ricerca da lei condotta a livello europeo sui Mind Museums.

Un ‘mind museum’ è un’ex-struttura manicomiale convertita in museo il cui allestimento ruota intorno alla storia del luogo per raccontare di metodi, approcci e pratiche legate al trattamento della salute mentale nel passato e nel presente.

I mind museums sono istitutizioni culturali attive e vivaci, profondamente radicate nel luogo in cui si trovano. Lavorando con il luogo con le loro collezioni ad esso variamente connesse, i mind museums vogliono stimolare riflessioni critiche e dibattito intorno ai temi della cura della salute mentale nella nostra società. Nel fare questo la loro missione é quella di contribuire a smantellare pregiudizi e stigma e promovere una maggiore consapevolezza  e responsabilità sociale rispetto ai temi  della cura e del trattamento della salute mentale e di coloro che sono più fragili proprio per i loro problemi psichici.

La Deistituzionalizazione come rottura ha comportato :

  • Chiusura manicomi: patrimonio costruito, riuso, valorizzazione.
  • Apertura collezioni e archivi: studio e ricerca.
  • Nuovi modi di parlare e pensare dei manicomi e della salute mentale: nuove narrative, pluralizzazione voci.
  • Perdita di identità e scopo / momento di forte cambiamento: istanza di memorializzazione.

I Mind museums

Modelli museali europei :

The Glenside Hospital Museum, Bristol, UK

Regno Unito – 2015 Il Bethlem Museum of the Mind Londra, UK

Vengono esposte le vite, le esperienze e i risultati terapeutici delle persone con problemi di salute mentale. L’obiettivo è rendere le collezioni più accessibili e fornire informazioni accurate per aiutare il pubblico nella loro interpretazione.

In Italia la chiusura degli ospedali psichiatrici da un lato ha rappresentato l’apice di un percorso unico della realtà italiana di evoluzione dell’assistenza psichiatrica, ma d’altra parte ha comportato una perdita di identità e scopo di questi luoghi per cui si sono innescate istanze di memorializzazione. 

Inizialmente si sono costituiti a cura di medici e infermieri, che hanno selezionato e salvato oggetti, dando vita a piccole o grandi allestimenti spontanei negli spazi degli Ex O.P con il focus principale sulla storia specifica legata a ciascun luogo. Queste collezioni museali presentavano da un lato un aspetto nostalgico dei territori, degli ambienti, delle caratteristiche intrinseche dei luoghi, dall’altro un aspetto evolutivo nell’obiettivo di promuovere la conoscenza e la consapevolezza sulla cura della salute mentale nel passato e nel presente. 

Progressivamente molte realtà si sono organizzate in vere e proprie istituzioni museali grazie a fattori importanti come: 

– l’ attivazione di  finanziamenti che inizialmente hanno consentito allestimenti più organizzati dal punto di vista espositivo e tematico
– l’organizzazione di una migliore narrazione
– l’organizzazione di una migliore curatela
– l’attenzione a nuovi finanziamenti per ampliare le esposizioni e le attività del museo

A Roma ad esempio il Museo Laboratorio della Mente è un museo narrativo che si è costituito con l’obiettivo di documentare la storia dell’istituzione dell’asilo e di sostenere una riflessione continua sulla salute/malattia, l’alterità, l’inclusione sociale e le politiche della cura della salute mentale e il coinvolgimento della comunità.

Il Museo di Storia della Psichiatria di Reggio Emilia è stato inaugurato nel 2013 con la missione principale di essere un luogo che mostri la storia dell’ospedale San Lazzaro e promuova la conoscenza e la consapevolezza sulla cura della salute mentale nel passato e nel presente.

Un aspetto cruciale è proprio il modo di presentare e raccontare ai visitatori le memorie in modo che l’accento non sia tanto sull’aspetto voyeuristico dell’allestimento degli oggetti e delle loro caratteristiche più eclatanti di strumenti di coercizione e violenza, bensì su percorsi che facilitino esplorazione, dibattito, interrogativi nei visitatori. 

Le strategie che possono essere attuate ruotano intorno a questi concetti :

  • Cura del percorso che il visitatore fa: il fatto che ci sia il “bello” in un mind museum smantella lo stereotipo di un luogo
  • E’ utile porre domande invece di fornire risposte perché è difficile identificare il linguaggio codificato 
  • Ruotare intorno al concetto per favorirne l’esplorazione da parte del visitatore e promuovere il dibattito: ricerca proattiva dopo la visita 
  • Connessione emotiva con il racconto, ricordi densi su alcuni oggetti: la visita al museo produce memorie durature.

Un’interessante ricerca sui ricordi dei visitatori riguardanti le esperienze legate a queste collezioni ha portato alla definizione di Memory anchors / Ancore di memoria: oggetti, spazi o dettagli architettonici, materiali interpretativi, che possono essere o meno al centro del progetto museale, ma che restano nella memoria dei visitatori anche dopo la visita. Le ancore di memoria sono personali, selettive e cambiano da visitatore a visitatore. Le ancore di memoria hanno aiutato a strutturare il ricordo dell’esperienza museale, a riattivare i ricordi, a richiamare le emozioni e a sostenere in modo attivo la riflessività consentendo connessioni tra passato e presente.

MAPP arte come cura: l’esperienza dei Divulgatori d’Arte del MAPP 

Il secondo intervento della mattinata è stato introdotto da Teresa Melorio ed Alice Calcaterra ed è stato esposto a più voci con la partecipazione di Daniel Sustovich che ha parlato a nome dei Divulgatori d’Arte del MAPP, gli utenti che conducono le visite guidate presso il Museo d’Arte paolo Pini. 

Il tema centrale dell’intervento è stato l’integrazione dei linguaggi attraverso la partecipazione attiva degli utenti nella narrazione al pubblico della trasformazione delle cure psichiatriche attraverso l’arte.

Il MAPP ha contribuito alla chiusura dell’ospedale psichiatrico di Milano attraverso la sua trasformazione in un museo d’arte contemporanea concepito come un luogo di approfondimento e ricerca, che promuove e diffonde la conoscenza della cultura e dell’arte contemporanea al servizio della cura, del benessere e della salute mentale. I protagonisti di questa trasformazione sono stati gli operatori del Paolo Pini, i pazienti ancora degenti nell’ospedale, le gallerie d’arte milanesi, critici d’arte, professionisti e volontari dell’ associazione ARCA ONLUS che hanno lavorato insieme per aprire le porte agli artisti perché utilizzassero come grandi tele i muri delle palazzine disseminate nel grande parco dell’ospedale psichiatrico. L’esperienza nata nel 1995 ancora continua perché il MAPP è un museo in divenire: ha un fuori ( i muri affrescati e le installazioni nel parco) e un dentro (le botteghe di pittura, musica, teatro danza, parole), dove ogni giorno artisti professionisti lavorano con i pazienti che diventano autori e coautori di progetti artistici. Un museo quindi che non si è costruito per raccogliere e documentare un passato, ma che costituisce un’esperienza viva che continua a costruire giorno per giorno ponti di linguaggio scambi di esperienze e legami tra persone. Non ci sono etichette sociali, culturali o psichiatriche che possano definirlo: il MAPP è un modo di essere insieme, tutti hanno uno spazio da usare, tutti hanno un ruolo, tutti hanno lo stesso valore. 

I Divulgatori d’Arte MAPP sono un gruppo di utenti frequentatori delle Botteghe d’Arte del MAPP principalmente pittori, appassionati d’arte e interessati a cimentarsi come “facilitatori arte-salute”. Con l’esperienza hanno acquisito ricche competenze formative e la professionalità adeguata per la conduzione di visite guidate al MAPP Museo d’Arte Paolo Pini. Da utenti delle Botteghe d’Arte sono diventati veri e propri collaboratori del MAPP. Sono i protagonisti di un’attività molto importante al Museo, che è quella di divulgazione di una testimonianza di trasformazione, anzi sono loro testimonianza vivente della trasformazione avvenuta qui al Paolo Pini.
I Divulgatori d’Arte del MAPP offrono al visitatore la possibilità di conoscere il MAPP quale spazio di azione in cui si attivano processi di esperienza e di conoscenza, che si amplifica rispetto all’evento specifico, per riscoprire la diversità come valore da coltivare in ognuno di noi.

Il gruppo è nato nel 2014 partito da un nucleo, per così dire di “veterani” delle Botteghe d’Arte, si è ampliato nel tempo con nuovi componenti, anche giovani e coraggiosi che si sono cimentati fin da subito nel confrontarsi e dialogare con il pubblico in visita. Altro aspetto importante è legato al fatto che i Divulgatori sono anche artisti e durante le visite oltre alle opere della collezione permanente realizzate da artisti professionisti, presentano anche le loro opere esposte nella galleria delle botteghe. 

Le visite guidate si sono avvalse anche della collaborazione di altre Botteghe, bottega delle parole e bottega di teatro, introducendo nel racconto anche poesie scritte dagli utenti e recitate dal vivo: le opere del MAPP si animano di nuove interpretazioni provenienti dalle parole di coloro che sono stati rinchiusi per anni nel Paolo Pini e di nuovi autori che continuano a comporre testi e poesie nella bottega delle parole. Le attività del gruppo si sono ampliate alla divulgazione della conoscenza del Museo in modo virtuale in diverse occasioni, eventi, convegni, mostre. Durante i periodi restrittivi del covid il gruppo si è ingegnato a proporre  visite guidate virtuali da remoto, portando il MAPP nelle case delle persone, e si è sviluppato un progetto di divulgazione in differita attraverso la registrazione in formato MP3 dei racconti dei nostri divulgatori ascoltabili per singoli visitatori con audioguide.

Daniel Sustovich ha parlato a nome dei  Divulgatori d’Arte del MAPP mettendo in evidenza alcuni punti chiave come spunto per la riflessione nel dibattito del mattino:

  • ABITARE-ACCOGLIERE: noi Divulgatori d’Arte MAPP siamo padroni di casa al MAPP. Avendo arredato la nostra “casa”ora la mostriamo e la raccontiamo offrendo la migliore accoglienza che un visitatore potrebbe desiderare.
  • MUSEO E’ FATTO DALLE PERSONE PER LE PERSONE:  raccontiamo un Museo voluto dalle persone (gli operatori, i pazienti,  gli artisti, l’associazione) per le persone (il pubblico di ogni sorta)
  • PARLARE CON LA LINGUA DELLA DIVERSITA’: noi divulgatori viviamo quotidianamente il MAPP

e pratichiamo le attività artistiche e culturali in prima persona. Pertanto abbiamo imparato a maneggiare il linguaggio artistico e poetico, un linguaggio universale in grado di raccontare una storia per arrivare non solo alla mente, ma soprattutto al cuore; anche perché la nostra storia è di grande disagio e avendo trovato un modo nostro per affrontarlo, siamo in grado di raccontarlo.

  • APPASSIONARE: appassionati per l’arte e all’attività che svolgiamo, possiamo far appassionare

anche il pubblico che viene in visita. Si vede la passione per quello che facciamo attraverso il modo in cui lo raccontiamo.

  • TRASFORMARE: riattualizzando un’esperienza vissuta attraverso la narrazione, raccontiamo che una

trasformazione è possibile. Nella stessa esperienza della relazione con il pubblico ogni volta sentiamo il desiderio di rinnovarci e quindi trasformarci. Ogni volta il racconto può essere diverso perché ci nutriamo di nuovi spunti, soprattutto di quelli provenienti dal pubblico!

  • RI-CREARE: e per non annoiare noi stessi e allo stesso tempo invitare le persone a venirci a trovare

un’altra volta, sfruttiamo tutta la nostra creatività per rinnovarci ogni volta, pensando a nuovi percorsi o a nuovi spunti di riflessione sulle opere osservate e gli artisti conosciuti.

  • CONFRONTARSI: con grande professionalità accogliamo e ci confrontiamo con  il pubblico proponrndo un’esperienza unica, che anche per noi ogni volta è diversa, perché diverse sono le tipologie di pubblico che si accostano a questo museo. La storia è la stessa ma è declinata in modo adeguato a tutti, in modo che possa arrivare al cuore delle persone, in modo che sia in grado di far partecipare.
  • NOTARE GLI SGUARDI: gli sguardi dei visitatori si illuminano quando mostriamo loro per la prima volta

un’opera oppure quando entrano negli spazi, come quelli delle Botteghe d’Arte, dove regna il colore e l’anima dei frequentatori è ovunque anche se non sono presenti in bottega. I volti si illuminano una seconda volta quando ascoltano i nostri racconti. E quando, dopo una piccola incertezza dovuta a un vuoto di memoria, riusciamo a concludere il racconto, sembrano averci aiutato a trovare le parole giuste semplicemente annuendo con il capo.

  • AVERE LA PROVA DELLA PROFESSIONALITA’: c’è una grande soddisfazione quando ti senti chiedere se

quel signore là che ha raccontato l’opera di Emilio Tadini è un critico d’arte e come si chiama (è uno di noi!)

  • SENTIRE I RINGRAZIAMENTI E VEDERE RI-TORNARE: la soddisfazione di essere riusciti ad arrivare al

cuore delle persone arriva anche quando i visitatori ringraziano infinitamente per avergli fatto scoprire un luogo così ricco di storia e di storie e per averci semplicemente conosciuto, oppure quando tornano a trovarci e ogni volta trovano delle novità ed escono dal Paolo Pini con i colori negli occhi. 

Seconda sessione

Interattività collaborativa e coproduzione di salute

Un luogo può presentarsi come un’esperienza viva che continua a costruire giorno per giorno ponti di linguaggio, scambi di esperienze e legami tra persone perpetuando nel presente la trasformazione strutturale e sostanziale delle memorie. Ogni cittadino (visitatore) è membro attivo nel generare l’esperienza culturale, lasciando la sua traccia e la sua visione in una co-produzione di salute, contenuti e cultura

I due interventi del pomeriggio hanno esposto esperienze molto specifiche in tema di interattività partecipativa.

Il primo intervento è stata esposto da Leonardo Sangiorgi e Fabio Cirifino che raccontano la lunga esperienza d’impegno di Studio Azzurro nel realizzare installazioni immersive multimediali che coinvolgano attivamente il pubblico nella costruzione di nuove esperienze, nuove prospettive, nuovi sguardi e nuove parole per la salute mentale.  

Studio Azzurro è un gruppo di ricerca artistica che da trent’anni indaga le possibilità poetiche ed espressive dei linguaggi tecnologici attraverso un’estetica relazionale che ha attenzione per le conseguenze sociali. Progetta e realizza videoambienti, ambienti sensibili, spettacoli teatrali e film, mostre e musei di narrazione con l’obiettivo di aprire un dialogo e un confronto con la gente e recuperare aspetti materiali e immateriali della memoria.

La lunga collaborazione nata con il Museo Laboratorio della Mente, nato presso l’ex Ospedale Psichiatrico di Roma, ha contribuito a costruire un modello di coinvolgimento attivo del pubblico su una “costante riflessione sul paradigma salute/malattia, sull’alterità, l’inclusione sociale, sulla politica delle cure e delle culture, sul coinvolgimento della comunità in una continua oscillazione tra elementi reali e virtuali.”

Leonardo Sangiorgi e Fabio Cirifino presentano due percorsi espositivi che rappresentano due esempi significativi di coinvolgimento attivo del pubblico attraverso installazioni multimediali interattive.

Un primo percorso espositivo riguarda la mostra dedicata a Nanof presso Museo Laboratorio della Mente, Santa Maria della Pietà, allestita nel 2019 in occasione del decimo anniversario della fondazione del Museo. Il percorso espositivo rappresenta la storia di Nannetti Oreste Fernando, che ha trascorso quasi per intero la sua vita in ospedali psichiatrici e che è autore di un graffito , un’opera assolutamente unica, creata da lui  incidendo/scolpendo il muro esterno della palazzina che lo ospitava. Per “scrivere” adoperava fibbie di panciotto, parte della divisa del matto in quel manicomio. Il libro-graffito era lungo 180 metri e ne sono rimasti in disfacimento meno di un terzo per un’altezza media di 120 centimetri. La sua superficie era totalmente incisa, ricoperta da un immenso racconto fatto di parole e disegni, tabelle e planetari. Per dodici anni Nanof lo ha abitato, costruendo il suo universo artistico e mentale. Il graffito è come un ritrovamento archeologico anticipato, da cui emergono tutti i temi della nostra epoca. 

L’allestimento della mostra ha presentato un frammento di muro originale, alcuni fogli disegnati mai esposti, la cartella clinica, le ristampe fuori scala delle sue cartoline – che l’OPG di Volterra non spedì mai – e la serie di Polaroid scattate da Studio Azzurro nel 1984, che rappresentano l’unico documento delle tracce del percorso astrale inciso su una balaustra del cortile dell’Ospedale. Per l’occasione sono stati realizzati tre nuovi lavori video che punteggiano il percorso:  un’animazione del muro graffito apre la visita schiudendo l’universo poetico e a tratti profetico, di Nanof; un corto mostra i retroscena della realizzazione del film L’Osservatorio nucleare del Signor Nanof  con materiali inediti e il prezioso contributo di Giuseppe Baresi; e un “video ad anello”, che mostra gli ambienti del Padiglione Ferri dell’Ex OPG di Volterra come erano nel 1984, con la camera che gira su se stessa con rapidi scatti e lo spazio che sembra ripetere all’infinito se stesso, in un inafferrabile incantesimo. 

Un’altra installazione Portatori di Storie , realizzata da Studio Azzurro, dal Museo Laboratorio della Mente e in collaborazione con la UOS Centro Studi e Ricerche e il Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma,  presenta un itinerario immersivo narrativo sui percorsi di cura e promozione della salute mentale attraverso le memorie del manicomio. Si propone una lettura dell’alterità, delle sue forme e dei suoi linguaggi, per combattere lo stigma e promuovere la salute mentale. L’installazione è una raccolta di 50 testimonianze, dei pazienti, dei famigliari e degli operatori della ASL Roma E.
Le persone che hanno donato la propria testimonianza sono proiettate in scala reale e al visitatore sarà data la possibilità di confrontarsi con l’esperienza diretta della malattia, attraverso i racconti di chi la vive.
L’installazione è composta da due momenti: uno spettacolare e suggestivo e l’altro di maggior approfondimento sulle tematiche che saranno oggetto del percorso museale coadiuvato dalle fonti dell’Archivio storico-audivisivo e della Biblioteca Cencelli del Santa Maria della Pietà. L’allestimento è articolato come cartografia delle prassi istituzionali e delle pratiche anti-istituzionali, come un doppio e continuo processo dialettico di decostruzione della geografia delle costrizioni spaziali, fisiche, psicologiche, sociali e di ricostruzione della soggettività: un’esperienza soggettiva che si genera nell’attraversamento degli spazi manicomiali e nell’apparire inatteso delle storie rievocate.
Portatori di Storie è una installazione che troverà forma completa e collocazione definita nel secondo piano del Museo Laboratorio della Mente al termine delle previste opere di ristrutturazione ed ampliamento degli spazi allestitivi. 

Questi percorsi espositivi arricchiscono l’offerta al pubblico del museo con ambienti sensibili , spazi interattivi che permettono di interagire con le testimonianze, di farne esperienza diretta costringendo il visitatore a ripensare le proprie categorie , la propria facilità di giudizio con l’obiettivo di decostruire preconcetti sulla malattia mentale

La seconda esperienza è stata proposta da Michela Vogrig presidente del Consorzio COSM, fondato  nel 1993 per supportare il processo di deistituzionalizzazione dell’Ospedale Psichiatrico di Udine, a partire del movimento culturale e politico avviato da Franco Basaglia

COSM associa oggi 19 cooperative sociali che rappresentano le più significative esperienze di cooperazione sociale della Regione. Da allora gestisce attività socio-sanitarie, educative e riabilitative, eroga servizi e segue progetti che consentono l’inserimento lavorativo di persone in condizione di svantaggio. Sviluppa attività di formazione e progettazione ed è coinvolto in molti progetti di cooperazione allo sviluppo in diversi paesi del mondo nella convinzione che solo una comunità accogliente e solidale rende possibile e garantisce dignità a processi concreti di abilitazione lavorativa e sociale.

Il percorso di deistituzionalizzazione dell’ex OP Sant’Osvaldo di Udine si è sviluppato in modo diverso rispetto alle esperienze  di Trieste e Gorizia. La chiusura dell’allora manicomio udinese è stata avviata con estremo ritardo, solo nel 1996, coinvolgendo sin dall’inizio la cooperazione sociale. Un percorso che inevitabilmente ha caratterizzato  profondamente quanto avvento in seguito. Inoltre, la scelta di adottare una metodologia come il budget di salute ha valorizzato la qualità della partnership tra pubblico e terzo settore.

Un punto nodale di quest’esperienza  è il coinvolgimento del terzo settore nella coprogettazione partecipata con le istituzioni e nella coproduzione di iniziative e progetti fin dalle fasi preliminari per ampliare e riattualizzare la cultura della de-istituzionalizzazione.  Sin dall’ingresso nel manicomio abbiamo subito compreso che la vera sfida era prima di tutto culturale, non era sufficiente dimettere gli utenti e accompagnarli in un percorso in gruppi appartamento. Era necessario restituire alla città quel luogo marginale, profondamente connotato, che incuteva paura. Quest’anno abbiamo festeggiato 25 anni di Feste d’Estate, un percorso che si è progressivamente arricchito facendo crescere  una rete di associazioni, soggetti istituzionali e privati cittadini che trovano ogni anno nel parco un luogo per co-progettare iniziative, eventi e spettacoli. Le cooperative in questi anni hanno  coltivato una cultura dell’accoglienza, anche offrendo supporto a chi senza mezzi e limitate capacità organizzative (come gruppi di giovani) difficilmente avrebbe potuto realizzarli in altri luoghi.

Abbiamo inoltre lavorato insieme con il DSM affinché la stessa gestione dell’area (dalla manutenzione del verde, alla ristorazione, alle pulizie dei locali) fosse gestita attraverso cooperative di inserimento lavorativo coinvolgendole nel contempo nelle iniziative culturali ed artistiche. Questo è per noi un elemento distintivo che da valore al “come” perseguiamo gli obiettivi di riqualificazione dell’area, non solo alla qualità dei risultati che resta comunque fondamentale. 

Oltre alle Feste d’estate con molteplici eventi che si sviluppano da fine maggio a fine settembre sottolineiamo alcune iniziative particolarmente distintive come l’evento artistico L’Arte non Mente, quest’anno alla 7° edizione,  il Lunatico festival che  unisce i parchi dei 3 ex OP della regione con una programmazione condivisa di eventi ed il Percorso storico- botanico che ogni anno si rinnova facendo  conoscere  non solo il Parco  in quanto  patrimonio ambientale, botanico e storico  che comprende, tra alberi e arbusti, circa 200 specie diverse per un totale prossimo alle 1200 piante ma anche la storia e le storie del manicomio e del suo superamento.

Inoltre, la cooperazione sociale ha  sviluppato e gestisce alcuni progetti come il Progetto Parco che coinvolge stabilmente   quindici persone in percorsi di integrazione sociale e lavorativa in ambito giardinistico e floro- vivaistico occupandosi anche della riqualificazione di nuove aree verdi, a cui si sono aggiunti negli anni diversi progetti. Tra il più recenti  il Progetto Prats de Tombe  avviato  in collaborazione con il museo di Storia Naturale di Udine  unisce la visita ad un importante sito archeologico accessibile dal parco alla conoscenza del al percorso storico botanico dell’ex OP. 

La cooperazione sociale insieme al pubblico continua a svolgere un ruolo di promotore, attivatore di iniziative e progetti co-progettandoli insieme al  Pubblico e ad  altri soggetti non istituzionali del territorio  mettono al centro la cultura della deistituzionalizzazione, iniziative a tutela della memoria storica e del superamento del manicomio, re-inventando il presente e il futuro rapporto fra il Parco dell’ex-ospedale psichiatrico, il quartiere, la città e la provincia di Udine con l’idea di  fare del parco un luogo di incontro che possa dare spazio alla cultura della trasformazione e dell’immaginazione, della memoria, della partecipazione: un luogo di gioia e di respiro.

Nei workshop coordinati da Teresa Melorio, Chiara Bombardieri, Pompeo Martelli e Giacomo Doni sono emersi spunti e proposte interessanti:

A proposito degli archivi:

– sono memoria del passato ma anche conoscenza per muoverci nel futuro

– accessibilità ➝ trovare procedure comuni nella rete per accedervi, comunicazione univoca alle istituzioni proprietarie e custodi degli archivi

– Attenzione al codice deontologico sulla privacy ad esempio per gli archivi delle cartelle cliniche 

– “potere” degli archivisti: nella rete non ci sono solo luoghi di conservazione, non si parla solo di luoghi della memoria (musei, archivi, biblioteche) ma ci sono enti che producono iniziative legate alla cultura della salute.

Una proposta concreta sarebbe riuscire a creare progetti trasversali e comuni in tutta la rete per :

  • trovare e condividere modalità di accesso e consultazione della documentazione più agili e praticabili pur nella garanzia della privacy
  • condurre in maniera collettiva e condivisa approfondimenti, processi narrativi, pubblicazioni, convegni, festival, giornate di ricerca, ecc. che emergono dallo studio degli archivi e dai centri di ricerca. 
  • Espandere la documentazione delle fonti orali delle memorie e delle testimonianze dando importanza al patrimonio umano che è stato ed è ancora protagonista della ricerca e della promozione della salute mentale

A proposito dei luoghi dismessi

Si evidenziano i rischi del turismo dell’abbandono, percorsi che aprono a un rischio di “voyerismo” sterile dal punto di vista di crescita culturale soprattutto se puntano principalmente sugli aspetti sensazionalistici e inquietanti. Bisognerebbe creare nuove iniziative di riconversione di questi luoghi creando col pubblico interazioni più costruttive che portino a nuove  possibili narrazioni e prospettive. Una proposta interessante potrebbe essere l’utilizzo dell’ARTE come volano evolutivo per creare installazioni e realizzazioni artistiche in cui il pubblico possa partecipare in prima persona attivando processi di trasformazione e sensibilizzazione verso nuove consapevolezze. 

A proposito del bisogno di individuare obiettivi comuni della rete nella realizzazione di progetti. 

Lo strumento della rete è utile non per autocelebrare i propri luoghi e iniziative, ma per creare un moltiplicatore di valori sulla salute mentale.  Ad esempio si è parlato del coinvolgimento del pubblico, come fare per sensibilizzarlo di più. Il COME è l’atto pratico del PERCHE’: è necessario evitare l’uso “monumentale” della storia. 

La storia deve diventare uno strumento per interrogarsi sulla realtà: saper raccontare e comunicare in maniera innovativa vecchie e nuove storie come patrimonio per una evoluzione culturale della comunità.  

Alcuni hanno sottolineato che non si parla ancora abbastanza di salute mentale in molti ambiti, tra cui la scuola, da parte degli insegnanti soprattutto. Ci sono i servizi psicologici, ma non vengono promossi e valorizzati, spesso si basa solo sul semplice passaparola. 

A proposito della sensibilizzazione del pubblico si è parlato del fatto quanto le pubblicità progresso promosse dal ministero siano ormai sorpassate. Si potrebbero sistematizzare iniziative di coinvolgimento grazie all’arte multimediale. Ad esempio in ogni luogo della rete si potrebbero diffondere gli strumenti multimediali.

A proposito dell’importanza del terzo settore nell’organizzazione e gestione dei luoghi culturali ma anche di iniziative e progetti è una risorsa importante. Un terzo settore autonomo in grado  di co-progettare con il pubblico può sollecitare e trainare alcuni processi, anche contrastando  inerzie istituzionali su alcuni luoghi della memoria.

Proposta: realizzare nella rete iniziative coordinate itineranti anche nelle scuole, università della terza età, centri di aggregazione, per promuovere l’importanza della salute mentale attraverso la cultura e l’arte. Si potrebbero organizzare in maniera coordinata e corale giornate di conferenze, giornate laboratoriali, partecipazione degli studenti alla realizzazione di nuovi allestimenti artistici e performativi nei luoghi della cultura della salute mentale – una sorta di arte partecipata che comporta un maggiore coinvolgimento della cittadinanza che fa oltre che vedere/assistere.

Il Network affronterà in una successiva riunione la discussione sulle modalità di adesione di nuove richieste e la gestione tecnico-economica della comunicazione

Sezione Poster

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