Manifesto

Il network Nazionale Mente in Rete nasce in Italia ma con una prospettiva di ampliamento ad Istituzioni europee e internazionali, e valorizza in forma congiunta i patrimoni storico-scientifici, artistici, archivistici, architettonici, documentali che ogni ente singolarmente salvaguarda, custodisce e valorizza al fine di una più  ampia e articolata attività  di conservazione e valorizzazione delle memorie della psichiatria italiana e di promozione della salute mentale.

 In particolare le parti si impegnano:

1.

Divulgare vicendevolmente le informazioni relative ai percorsi espositivi, al loro patrimonio documentale e alle
loro varie iniziative collegate alla promozione della salute mentale

2.

Ideare e organizzare convegni, programmi di ricerche, mostre temporanee, progetti editoriali e quant’altro definito dalle parti interessate al fine del raggiungimento dell’intesa

3.

Progettare e gestire eventi e progetti nazionali, europei e internazionale  sostenuti da diversi portatori d’interesse pubblici e privati

4.

Ideare, organizzare e gestire itinerari culturali/educativi volti a far meglio conoscere il patrimonio della storia e delle storie della psichiatria italiana e della salute mentale rappresentato dalle parti firmatarie

Nel paesaggio culturale in cui le nostre istituzioni  operano  esse contribuiscono a trovare e sviluppare, con e per la cittadinanza, un nuovo modo di leggere e di percepire  il disagio psichico proponendosi come mediatori e interpreti di un rinnovato senso di comunità che trova nelle memorie  degli Archivi, nel patrimonio delle Biblioteche, nei percorsi espositivi dei Musei negli eventi culturali e nei diversi dispositivi artistico-narrativi un punto di riferimento, un attivatore di processi educativi  permanenti.

La storia delle trasformazioni dell’assistenza psichiatrica in Italia  ha messo in evidenza che la riforma che ha condotto alla critica e  all’abbandono definitivo del modello non è riducibile ad esperienze maturate in un unico campo,  ma a pieno titolo è figlia della complessità. Tale svolta infatti, pur poggiando sulla maturazione di conoscenze in campo teorico-scientifico delle figure impegnate nella salute mentale, è stata resa possibile grazie ad un movimento di idee a carattere nazionale ed internazionale espresse e sostenute da forti istanze sociali, culturali e politiche che hanno agito da volano nei microcosmi locali traendone contemporaneamente linfa dalla loro vitalità e produttività. Un percorso che fonda le sue radici anche nella ricerca di nuovi modi di immaginare, identificare, menzionare, significare i contesti che fino a 40 anni fa riconducevano inequivocabilmente al pianeta manicomiale: un percorso che ha permesso di potere anche  comunicare in altro modo le vicende legate al disagio psichiatrico.

L’orientamento avviato nel contesto della Legge 180/78  è anche il tentativo di trovare nuove parole alla psichiatria considerando la salute come un bene collettivo nella cui gestione ciascun membro della società deve essere coinvolto.

In questo senso la salute mentale è bene comune e al “prendersi cura” della persona nel territorio occorre affiancare un prendersi cura” dei processi culturali in atto, delle politiche locali, dell’ empowerment delle comunità attraverso la promozione di partecipazione civica: è affrontando insieme i problemi che la comunità può nascere come un bene comune costituito dai cittadini stessi. La mobilitazione di utenti, operatori dei servizi, cittadinanza, famigliari, ad interrogarsi su come costruire porta alla costituzione di risposte creative capaci di generare nuove connessioni.
L’innovatività del nostro progetto Mente in Rete  risiede quindi  nella valorizzazione del ruolo attivo e centrale del cittadino in qualità di co-produttore della propria salute e responsabile delle scelte in merito ad essa, in una sanità pubblica  dominata dal concetto di valore inteso nel duplice significato per la popolazione e  per gli individui.
Ci confrontiamo dunque, con una varietà considerevole di tipologie di memorie, che di volta in volta rappresentano differenti modalità di elaborazione e messa in scena della memoria collettiva, andando a investire il delicato intreccio storia-memoria, e costringendo tutti noi a stabilire con essi relazioni diverse e a tener conto dei linguaggi specifici che li costituiscono: a tenere costantemente presente la storia (o le storie) che vi si trova inscritta,  il tempo, la comunità e la cultura (o le culture) che lo ha prodotto e il presente da cui lo si osserva o lo si visita. 

Le memorie nel fissarsi in questo luogo, assumono una pluralità di forme, attraverso differenti modalità di comunicazione e linguaggio (ricerche storico-archivistiche, musealizzazione, conservazione, simbolizzazione, rievocazione e narrazione teatrale, cinematografica, musicale, figurativa ecc.) che determinano gradi più o meno complessi di riconoscibilità e fruizione, richiedendo approcci ogni volta diversi. 
In questi ultimi vent’anni abbiamo assistito in Italia ad una costante evoluzione delle modalità di valorizzazione delle memorie psichiatriche: un luogo può infatti rimandare a una storia dominante o a più vicende, proprio perché in passato può aver assunto rilevanze e funzioni diverse, a seconda del periodo e dell’uso che se ne è fatto; si può dunque far capo a una o più memorie, rintracciabili nel luogo attraverso segnalazioni e presenze documentarie (immagini, oggetti, disposizioni, regolamenti, ecc.) o rinvenibili in virtù della guida offerta da un preciso allestimento museale o da un accorto accompagnamento; ancora,  un luogo può presentarsi anche nelle parole dei testimoni, e in tal modo sarà possibile ripercorrerlo e collocarlo in una dimensione mobile e articolata, proprio perché il ricordo di chi c’era offre un ulteriore materiale di riflessione, ricco e insidioso al tempo stesso; infine, un luogo può essere inserito a pieno titolo in un itinerario di costruzione della conoscenza storica, a patto di indagarlo con gli strumenti e le modalità della ricerca, che collocano le fonti di memoria e le memorie tra gli elementi indispensabili per la ricostruzione di precise vicende e situazioni.

Un luogo di memorie ha bisogno quindi di un lavoro di organizzazione storico, scientifico, socio-economico, politico e progettuale preciso, che parta dall’individuazione del luogo fisico, per procedere con la raccolta della documentazione, l’allestimento di un percorso museale e di una struttura testuale valida che permetta alle tracce di memoria presenti in quel luogo particolare di poter essere lette e condivise dalla compagine sociale. 

Da qui il valore della “documentabilità” di questi luoghi dove si determinano centralità che si manifestano, con tratti inediti, attraverso snodi  dove si incrociano i flussi delle persone, delle generazioni, delle idee e delle diverse esperienze italiane nel campo della produzione della salute mentale; dove si connettono trame e si fa  sentire a casa chi non si riconosce in questi paesaggi perché non ha potuto partecipare a trasformarli né avervi delle relazioni; dove si promuovono l’attenzione alle immagini e alle  rappresentazioni che identificano e connotano questi paesaggi  caratterizzandone la percezione.